'U SCIFITIEDDU

Dame e Cavalieri di CONTI IN CUCINA, Sabbinirica,

Si narra che la decima fatica di Eracle fu quella di lottare contro Gerione, mostro con tre tronchi, tre teste e tre paia di braccia e catturare i suoi leggendari buoi rossi. Sconfitto Gerione nell’isola di Erythia, Eracle partì
con la mandria alla volta della Grecia passando dalla Sicilia. Qui dopo aver sfidato in una gara di pugilato Erice, figlio di Afrodite, venne derubato dei buoi rossi. Motia, una donna, accorse in aiuto dell’eroe greco indicandogli i tre possibili luoghi dove potere ritrovare le bestie dal colore scarlatto. Eracle, ritrovato il simbolo del proprio trionfo contro Gerione, in segno di riconoscenza edificò tre città alle quali diede il nome della donna giunta in suo soccorso: la Motia a Capo Lilibeo, la Motia nei pressi di  Agrigento, e l’ultima, la Motia mediterranea, dove è posta Modica, chiamata dunque ancora nell’Ottocento la “Città di Ercole”.

I tratti lontani e divini della leggenda arricchiscono come un meandro la solida architettura di certezze storiche della colonizzazione greca in Sicilia: la fondazione di Naxos e Syracusae nel VIII sec. a.C.,  l’edificazione di Akray nel 663 a.C., la fondazione di Kasmenay e Kamarina, i primi Tiranni, i regimi democratici, i regni di Dionisio I e di Timoleonte, fino alla conclusiva età ellenistica.

Il telaio della Memoria continua così a tessere la trama della Storia della nostra terra, passando gradualmente dal colore dell’intenso rosso porpora fenicio alla gradualità e plasticità del chiaroscuro greco. I pedῖlon dei nuovi colonizzatori iniziarono così a lasciare le loro impronte profonde e indelebili sulla cultura della nostra terra.

Lo skyphos (in greco: σκύφος,skyphos, plurale skyphoi) è un tipo di vaso greco, una profonda coppa per bere con due piccole anse, solitamente orizzontali, impostate appena sotto l'orlo; il piede dello skyphos è basso o del tutto assente. Questo vaso era destinato principalmente alla gente povera per bere o per mangiare. Dal nome deriva infatti la parola siciliana “scifu” che indica un contenitore in pietra incavato utilizzato dagli allevatori per dare da mangiare ai maiali. Continuando una tanto non piacevole analogia, lo “Scifitieddu” è una coppa di pasta che contiene all’interno alcune delle colonne del tempio della nostra gastronomia, pomodori pachino, caciocavallo ragusano e olio dei monti iblei, edificate sullo stilobate di un passato tra legenda e realtà, tra colori uniformi e tonalità contrastanti.

Ora travagghiamu!!, eccovi di seguito la ricetta completa:


Ingredienti:



  • 1 kg di farina di grano duro
  • 25 gr di lievito di birra
  • ½ bicchiere di olio di oliva
  • 1 pizzico di sale
  • Acqua q.b
  • Formaggio Caciocavallo Ragusano 100 gr a tocchetti
  • Pomodoro di Pachino

Preparazione:



1.  Disporre a fontana la farina sul piano di lavoro, aggiungere il sale, l’olio di oliva e il lievito di birra disciolto in acqua tiepida.

2.  Impastare energicamente tutti gli ingredienti e lavorare l’impasto fino ad ottenere un composto liscio ed elastico.


Impasto


3.  Fatto ciò, fate lievitare il composto in un posto caldo umido per circa 90 minuti.


4.  Nel frattempo occupatevi di tagliare il caciocavallo a dadini.


Caciocavallo Ragusano


5. Lavate il pomodoro, tagliatelo a dadini e condite con olio, sale, basilico e caciocavallo ragusano grattuggiato


Pomodoro di Pachino


6.  Trascorso il tempo impiegato per la levitazione, iniziate prendendo una parte della pasta e formate un disco di pasta di diametro di 25 cm circa e spessore di 0,5 cm

Disco di pasta


7. Adesso si procede con la realizzazione della forma dello Scifitieddu che andrà a contenere il ripieno


La forma dello Scifitieddu

8. A questo punto iniziamo a farcire lo Scifitieddu. Inserite il pomodoro tagliato a dadini con il Caciocavallo Ragusano


Scifitieddu prima del forno

9.  Disponete gli Scifitieddi su una teglia, e infornate il tutto a 200 gradi per circa 20 minuti.


Buon divertimento, Buon appetito, Mangiamu e Salutamu